9 Dicembre 2013 |
18:00 | a | 20:00 |
“Marsia” è una rivista di poesia (ISSN 2038-2731), giunta al terzo anno di pubblicazioni, che viene editata a Bari, dalla casa editrice Progedit. Diretta da Salvatore Lattarulo, raccoglie contributi poetici e critici di importanti autori italiani e stranieri, su tematiche scelte. L’ultimo numero, appena uscito (Anno III, dicembre 2013) è un volume dal titolo “La pietra sopra le ali. Vent’anni senza Verri”, che è dedicato alla poesia di Antonio Verri, poeta salentino di grandissimo talento, che ha lasciato opere brucianti e sensibili, dense di cultura e intuizioni. Raccoglie contributi di autori che sono stati vicini a Verri in vita, che lo hanno studiato e che lo approfondiscono. Hanno scritto saggi e contributi, in questo numero, Carlo Alberto Augieri, Fernando Bevilacqua, Rino Bizzarro, Nadia Cavalera, Cosimo Colazzo, Salvatore Colazzo, Stefano Donno, Antonio Errico, Vittore Fiore, Eugenio Imbriani, Salvatore Francesco Lattarulo, Mauro Marino, Maurizio Nocera, Fabio Tolledi, Sergio Torsello.
Il volume ha in programma la sua prima presentazione il prossimo 9 dicembre, alle ore 18.00, presso il “Fondo Verri Presidio del Libro”, di cui è responsabile Mauro Marino, a Lecce, in via Santa Maria del Paradiso 8.
Cosimo Colazzo ha scritto un saggio, dal titolo La salle de bain e l’estremo orizzonte del Declaro. Forme della narrazione nell’ultima produzione di Antonio Verri, che dedica all’analisi di La salle de bain, una delle ultime opere di Antonio Verri, del 1991, in cui, accanto al piacere delle elencazioni, della produzione generativa della parola, individua un interesse per un orizzonte estremo dell’invenzione, dove un ruolo è giocato dai media. In questo senso c’è come una sottrazione di calore timbrico alla parola, laddove emerge il concetto di stringa, come riporto di sequenze assegnate, che non seguono una logica evolutiva, ma sono come moduli, da ripetere, allineare, sequenziare, o che casualmente sono soggetti a corruzioni. Verri ha un talento eccezionale per la parola, e quindi non può oltremodo sottrarsi al gioco della produzione verbale, che si esalta nello spazio aperto del caso. Ma sente quanto si proietta in un nuovo mondo, attraverso i media invasivi. Un’altra logica si affaccia, come ipotesi problematica. “I nuovi media – scrive Colazzo – richiedono meno dimensione sonora, meno risonanza. Meno sogno. Un atteggiamento più da mente digitale. Tutto che si svolge su una superficie. Stringhe, sequenze. La successione nella forma di stringhe e sequenze, senza precisi segni di fraseggio. Scorrimenti, che potranno essere scannerizzati per individuare motivi di ricorrenze, ma che questi motivi non hanno ricercato o enfatizzato. […] Questo significa che incominciano a coesistere due direzioni molto diverse. Una che porta verso l’accoglimento del materiale, della sua esuberanza, del suo senso di costante eccesso. L’altra che porta invece verso tutt’altro, verso qualcosa di poco risonante, verso il bit, verso la scansione digitale, verso il discreto, verso il limitato e sottoposto a griglie, verso l’automa, il cyber, verso la riproduzione.”