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Un’esecuzione di “E allora la voce, la morte”, composizione di Cosimo Colazzo per voce e pianoforte, sottratta, silente.

17 Febbraio 2020

“Reti di interpretazione”, terza edizione di un convegno organizzato da Conservatorio di musica “Bonporti” e Università di Trento, propone una riflessione a vasto raggio sulle aperture dell’interpretazione dell’opera d’arte. Quali reti concettuali, interpretative si definiscono a partire da un’esperienza artistica? Come quest’esperienza transita attraverso vari linguaggi, si dissemina e ne riesce trasformata?

Il Convegno si sviluppa nell’arco di quattro giorni, da lunedì 17 a giovedì 20 febbraio 2020, e consta anche di una serie di concerti.

Nella prima sessione, nella mattinata di lunedì 17 febbraio, in programma alla Sala Conferenze della Fondazione Caritro a Trento (via Calepina 1), la riflessione si porta a una costellazione tematica che, partendo dalla creatività dell’interpretazione (Margherita Anselmi), attraverso l’esplorazione della filosofia di Maria Zambrano (Silvano Zucal e Manuela Moretti), giunge a toccare il rapporto di musica e silenzio, Questo il tema che Cosimo Colazzo indaga in termini filosofici e compositivi. Da uno sfondo filosofico emergono i linguaggi compositivi di Debussy, Sciarrino, Feldman, in varia maniera evocanti il silenzio, attraverso una particolare visione di suono e tempo.

Nel pomeriggio dello stesso lunedì 17 febbraio alle 15, un momento di concerto presso lo stesso spazio. Il soprano Patrizia Zanardi e la pianista Maria Rosa Corbolini interpreteranno E allora la voce, la morte, composizione di Cosimo Colazzo su testi di Giovanni Pascoli, da Myricae e da Canti di Castelvecchio.

Leggiamo quanto scrive lo stesso compositore Cosimo Colazzo su questo brano:

“Tre poesie di Pascoli, da Myricae e da Canti di Castelvecchio, ritagliate e giustapposte. Come uno specchio ribaltante: dalla felicità che fu, punto lontano di dolcezza e malinconia; alla morte che verrà, figura pure questa che arriva, ci raggiunge, sparisce.

“La musica è fatta di poco, gesti essenziali, materiale ridotto al senso estremo di presenza e vuoto. La interrogazione e la bellezza del vuoto, del quasi nulla, dell’evento che ci raggiunge in un senso radicale inatteso. I novenari che organizzano un tempo vocale flessibile. E le figure, come Pascoli ci chiede, dinamicamente mobili, fatte di luce e di ombra; l’estroflessione presto ripiegata; la retorica tradita e trafitta da una domanda sempre.” (C. Colazzo)

Di seguito materiali relativi a convegno e concerti:

Flyer

Programma

Abstract

Un saggio di Cosimo Colazzo sul linguaggio compositivo di Federico Mompou, in un volume per i tipi della casa editrice inglese Cambridge Scholars Publishing

E’ recente la pubblicazione di un saggio che Cosimo Colazzo ha dedicato all’analisi musicale dell’opera di Federico Mompou, dal titolo La otredad esperada: reducción del sujeto y del acto compositivo, apertura al silencio y a la resonancia en la música de Federico Mompou. Il saggio è compreso in un volume collettaneo, che raccoglie vari saggi sul tema dell’alterità per come si sviluppa e si individua nei contesti culturali ispanici, nel ‘900 e anche nel mondo contemporaneo, a cura di Teresa Fernández Ulloa, dal titolo Otherness in Hispanic culture, appena pubblicato dalla casa editrice inglese Cambridge Scholars Publishing (pp. 603, £ 69). Il libro è acquistabile sul sito della casa editrice (http://www.cambridgescholars.com/) e presso Amazon USA e Amazon UK.

Il tema dell’alterità, nel volume, è indagato in riferimento all’opera poetica, al linguaggio cinematografico, alla musica, alla letteratura, ed è osservato in rapporto alle questioni di genere e del femminile. Un ampio affresco, un panorama articolatato che osserva la Spagna nella sua produzione culturale, in varie fasi della storia recente, dalla lunga ombra della dittatura franchista, al passaggio verso la democrazia e alle evoluzioni di essa.

Federico Mompou (1893-1987), autore catalano del ’900, è stato fatto oggetto di studio, in diverse occasioni, da parte di Cosimo Colazzo, compositore, docente al Conservatorio “Bonporti” di Trento. La ricerca di Colazzo si è portata soprattutto agli aspetti del linguaggio compositivo di Mompou, che si individua sulla base di alcuni criteri prediletti, che costituiscono una sorta di metodo nella composizione. Tutto questo ha riferimento in precise scelte di poetica musicale, e si riflette anche sul piano dell’interpretazione musicale, rispetto a cui Mompou ha impegnato alcune personali considerazioni.

Mompou appare, secondo il saggio di Colazzo, come un autore particolarmente votato alla ricerca sul suono, che è colto in dimensioni sottili di ascolto, apprezzato negli aspetti trasformativi della dinamica e di un’agogica flessibile ed elastica. Non è un’entità puntuale, è composto di silenzio e di risonanza. Per questo è compromesso costitutivamente con il tempo.

Mompou vive in una dimensione sua propria, come di fuga della realtà, votato a una missione di cura per il suono. Scrive poche partiture, in cui distilla una sensibilità che vuole rendersi molto affinata e non si contenta di semplicemente produrre. Deve pervenire a un risultato originale, frutto di un filtro costante dell’ascolto.

Contro la realtà, anche di oppressione, che la Spagna vive con il franchismo, opta, di fatto, per l’esilio interiore. Le sue scelte di vita sono state come di un evitamento del conflitto, di una sospensione della realtà, dell’assunzione del quotidiano in una dimensione sospesa e atemporale, fatta di frammenti, e questi come silenti e irrelati.

Una dimensione della sospensione, del differimento della scelta, dell’attesa, che si riverbera nelle dimensioni, probabilmente, del politico come dell’arte. E’ qui, nella sua musica, così personale, che troviamo il senso di un esistenzialismo, che può dirsi cifra del sonoro ricercato e dell’organizzazione compositiva.

C’è il senso che l’intervento compositivo non può corrispondere a piani preordinati, a una presa forte e ordinante del soggetto che sceglie e organizza. C’è l’idea che la composizione deve integrarsi radicalmente con la dimensione dell’ascolto, la scrittura deve confrontarsi con l’oralità, con l’attesa di una suggestione ricercata anche in una dimensione di passività. Mompou non sviluppa, piuttosto ripete, o traspone.

Esiste un metodo compositivo, che è proprio della musica di Mompou, e che lo studio di Colazzo indaga e rileva, individuandolo negli aspetti più pregnanti. L’analisi musicale svolta si concentra intorno ai quattro quaderni di Musica callada. Rileva alcuni criteri maggiormente attivi. Innanzitutto Mompou agisce molto nel segno della ripetizione e della traslazione. Evita un processo compositivo che si fondi sull’idea di sviluppo. Per lui gli eventi devono stare in una condizione di abbandono risonante, perciò è da prediligere la scelta della ripetizione e della trasposizione, in senso anti-evolutivo. Mompou predilige le figure della semplicità, e opera per sottrazione, piuttosto che per stratificazione e addizione di elementi. Può adottare vari sistemi sonori, da quello della modalità, alla tonalità allargata, a escursioni verso l’atonalità. Si rileva la disponibilità a scarti laterali inattesi, ma di grande suggestione espressiva e timbrica, da un sistema all’altro, in alcuni brani. Lo studio di Colazzo, inoltre, si sofferma sulle considerazioni che Mompou svolge in riferimento all’interpretazione della propria opera, che risultano fortemente coerenti, rispetto al piano del metodo compositivo come della poetica musicale espressa.

L’ideale di Mompou è quello dell’attesa e del silenzio, della solitudine, del margine. Tutto si svolge come su una soglia porosa, che può far trapassare ciò che invece è tenuto distinto e separato. L’alterità può rendersi presente. Mompou si propone come in attesa dell’alterità, che lo raggiunga, come in una relazione medianica.  Bisogna che l’io riduca il suo spessore, si faccia trasparente, verso l’alterità, verso l’oltre del suono-nota, verso la risonanza che galleggia nel silenzio.

Il suono non è funzione, è esperienza. Qualcosa che vive in se stesso il senso di un universo mobile e in trasformazione. Il suono di Mompou è così affinato, così ricercato, che si è reso trasparente al silenzio. La sua forma non ha nulla degli archi narrativi ampi e dialettici. E’ fatta dei confini del dilagare di un suono e di una risonanza. Si svolge lenta perché ha bisogno che il suono riveli tutta la sua dimensione intorno, le sue prospettive di fughe e lontananza. Anche le dinamiche si rivolgono al nulla, al quasi-niente. La soglia di suono e silenzio, di io e alterità, intende farsi incerta, confondersi, in una liquidità desiderante.

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Ulteriori notizie ed estratti dal libro, a partire da questo indirizzo: http://www.cambridgescholars.com/otherness-in-hispanic-culture-10

Dettagli bibliografici relativi al saggio di Cosimo Colazzo:

Cosimo Colazzo, La otredad esperada: reducción del sujeto y del acto compositivo, apertura al silencio y a la resonancia en la música de Federico Mompou, in Teresa Fernández Ulloa (ed.), Otherness in Hispanic Culture, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle, 2014. pp. 580-603.

Per acquistare il libro

Title: Otherness in Hispanic

Editor: Teresa Fernández Ulloa

Subject: Cultural Studies

Publisher: Cambridge Scholars Publishing

City: Newcastle

ISBN-13: 978-1-4438-5389-7

ISBN-10: 1-4438-5389-5

Year of Publication: 2014

Price: £ 69.99

http://www.cambridgescholars.com/otherness-in-hispanic-culture-10

A questo collegamento si trovano informazioni su libri e saggi pubblicati da Cosimo Colazzo: https://www.cosimocolazzo.it/ricerca/libri. In alcuni casi è possibile effettuare download di testi o di estratti di testi.

Cosimo Colazzo alla Indiana University, negli Stati Uniti. Per un concerto con proprie musiche e per tenere una conferenza: rispettivamente giovedì 27 e sabato 29 marzo. Il lunedì successivo 31 marzo, è alla Stony Brook University, a New York, per una conferenza sulla musica italiana del ‘900

27 Marzo 2014 19:00a31 Marzo 2014 18:00

Cosimo Colazzo visita gli Stati Uniti, come compositore e come docente, da alcuni anni. Tra i prossimi appuntamenti, giovedì prossimo 27 marzo, tiene un concerto alla Indiana University, a Bloomington, alle ore 19.00 presso la Ford-Crawford Hall della Music School, interamente dedicato alla propria musica. L’evento rientra nel contesto di un Simposio, che è organizzato dalla Indiana University, con il suo College Arts and Humanities e il Department of French and Italian diretto da Andrea Ciccarelli. Il Simposio, dal titolo “Aspect of Contemporary Italian Culture: Poetry, Non fiction-Prose, and Music”, si svolge nel giorni 26 e 27 marzo, e ruota intorno a tre figure di artisti e studiosi, di cui si approfondiranno opere e orientamenti di ricerca: per la poesia si tratta di Ernesto Livorni, poeta e studioso di letteratura italiana docente alla University of Wisconsin-Madison; per la saggistica di Antonio Nicaso, che ha scritto numerosi libri, alcuni dei veri e propri best-sellers internazionali, dedicati al tema della mafia, della ‘ndrangheta, in prospettiva storica, o rispetto alle condizioni attuali, nelle ramificazioni che possono riguardare la politica e la dimensione internazionale dei traffici e della finanza; per la musica, appunto, di Cosimo Colazzo, compositore, pianista, direttore d’orchestra, docente di Composizione al Conservatorio di Trento.

Cosimo Colazzo sarà protagonista, con la sua musica, in un concerto monografico, che darà l’opportunità di cogliere il senso di una ricerca artistica, che ha trovato alcune cifre di linguaggio molto personale. L’evento del concerto di giovedì 27 marzo è importante, per il contesto della Indiana University, che è una delle università statunitensi più rinomate e prestigiose, con docenti di grande reputazione e un’utenza internazionale, e per la struttura monografica del concerto, che consisterà di una serie di pezzi per pianoforte, che Colazzo ha composto dal 1997 sino al 2014. Si tratta di una campionatura importante e significativa della produzione compositiva di Cosimo Colazzo, colta nell’arco di quasi vent’anni, capace di disegnare un itinerario della ricerca artistica, nei suoi tratti di continuità, negli elementi di approfondimento e di sviluppo. Al pianoforte, per il concerto, sarà lo stesso compositore.

E’ da rilevare, inoltre, come in quest’occasione vengano presentate due nuove opere, scritte appositamente da Colazzo per quest’occasione di grande rilievo. Si tratterà di Sospeso nell’aria, che prevede anche l’intervento di alcuni momenti di poesia, insieme con il pianoforte, ripresi da versi di Ernesto Livorni (nel caso sarà lo stesso poeta a recitarli nei luoghi del brano che la stessa composizione indica), e di  Le terre rosse e il mare obliquo. Le due opere saranno date, quindi, in prima assoluta.

Il concerto ha nel suo programma, inoltre, Stanze, opera del 1997, che è fatta soprattutto di strutture di accordi risonanti e implicite linearità, secondo una situazione sonora molto stabile e con colori crepuscolari. Viene presentata, inoltre, Disteso a Oriente, una vasta opera dello stesso anno, che sviluppa un pianismo esteso, ricco di colori e di possibilità timbriche, variegato nelle sue possibilità, dallo sfumato verso il più lontano piano e il silenzio risonante, a esplosioni sonore, macchie, grane brillanti. La piega il respiro, del 2013, è un’opera che si fa molto silente, che pratica il vuoto. Gli eventi sono trattenuti, l’ascolto viene introdotto come a una dimensione altra, di abbandono a un tempo che non è quello ordinato e raccolto in proporzioni, ma il tempo degli eventi, di ciò che accade. Non diverso il clima sonoro e d’ascolto cui si accede con Sospeso nell’aria, una partitura poetica e evocativa, fatta di risonanze, di una temporalità sospesa e aperta, di eventi minimi che stanno dentro il tempo, lo abitano con le loro presenze e lo contemplano. L’ultima partitura in programma, Le terre rosse e il mare obliquo è partitura che presenta una certa forza sonora e ritmica. E’ più densa rispetto alla precedente, con un maggior tratto di articolazioni, e con ritmiche pronunciate nelle loro studiate asimmetrie. Ma è anche fatta di soste e di risonanze, di svuotamenti, di improvvisi stati stupefatti. Qui c’è il possibile anche nella forma dell’irrompere di gesti di forza.

Sempre alla Indiana University, il sabato successivo, 29 marzo, Cosimo Colazzo tiene una conferenza, che dedica al tema del rapporto, nella musica del ‘900 e di oggi, rispetto alla dimensione delle musiche etniche, dal titolo Musiche locali e globalizzate. Dal Novecento ad oggi tra marketing culturale, world music e nuove identità, all’interno di una Giornata di studi incentrata sul tema “Italian Pop Music and Lyrics”  Il rapporto di attenzione che si è determinato, a vario livello, rispetto alla musica popolare è andato trasformandosi nel tempo. Dall’idea di unità culturali definite, da rispettare nella loro autonomia, e a cui i compositori hanno potuto riferirsi per sviluppare un discorso nuovo e di ricerca anche dal punto di vista artistico, si è arrivati alla condizione attuale, segnata da una sensibilità che possiamo dire postmoderna. Le identità si sono sfilacciate, mescolate, sfrangiate, così che le unità culturali vengono a corrispondere sempre più e semplicemente a delle etichette, quelle della world music. Non hanno una profondità vitale, in strutture comunitarie e sociali. Sono molto spesso frutto del marketing, e sono allestite per il consumo odierno, segnato dai mezzi tecnologici. Devono potersi mostrare diverse mentre corrispondono a standard accetti di confezionamento.

Il lunedì successivo, 31 marzo, Cosimo Colazzo si sposta a New York, dove, presso la Stony Brook University, altra importante e prestigiosa università, tiene una conferenza – alle ore 16.00 presso la “Melville Library” del “Center for Italian Studies” – dedicata alla musica italiana del ‘900. L’evento si colloca all’interno delle Spring 2014 Lecture Series, che l’Università organizza come eventi della “The Alfonse D’amato Chair in Italian and Italian American Studies”. Si tratta di un ciclo di conferenze, dedicate alla cultura italiana, anche negli aspetti di rapporto con gli Stati Uniti, che prevedono la presenza di importanti studiosi e di artisti. La conferenza di Colazzo traccia un panorama degli sviluppi della cultura musicale e compositiva in Italia, dalla Generazione dell’Ottanta, attraverso le figure e le esperienze di Goffredo Petrassi e Luigi Dallapiccola, sino agli esiti personali quanto profondi, nelle diverse sensibilità, di Luciano Berio e Luigi Nono.

A questi link:

Poster Web del Simposio Aspect of Contemporary Italian Culture: Poetry, Non fiction-Prose, and Music Indiana University

Programma del concerto di Cosimo Colazzo alla Crawford-Hall della Indiana University

Alcune note di Cosimo Colazzo al programma del concerto alla Crawford-Hall della Indiana University

Poster Web della Giornata di Studi Italian Pop Music and Lyrics Indiana University

Poster Web della Lecture Musica italiana del Novecento: tra invenzione e re-invenzione a Stony Brook University

Uno studio di Cosimo Colazzo su musica e potere, su musica e censura, e sul linguaggio compositivo di Galina Ustvolskaya, all’Università di Copenaghen

6 Giugno 2013a8 Giugno 2013

Uno studio di Colazzo su musica e potere, su musica e censura, e sul linguaggio compositivo di Galina Ustvolskaya, compositrice di Leningrado, che ha vissuto il clima della censura staliniana delle arti e della cultura, viene presentato il prossimo 7 giugno all’Università di Copenaghen, nell’ambito di un importante Convegno internazionale dedicato ai temi della creatività musicale e della censura politica. Nella sua ricerca Colazzo evidenzia il rapporto perverso che si crea tra censura e creatività nel linguaggio ridotto, fatto di ossessive ripetizioni, e a volte esploso in violenti cluster, della compositrice.

“La donna col martello”. Con questa immagine è stata anche sintetizzata l’esperienza musicale e creativa di Galina Ustvolskaya, compositrice di Leningrado, nata nel 1919 e morta in tarda età nel 2006. Allieva di Dmitrij Shostakovich, si è poi allontanata dall’ex maestro, di cui non ha condiviso la tendenza alla manipolazione dei linguaggi, alla stratificazione e all’occultamento del proprio personale linguaggio, della verità artistica, per evitare scontri problematici con il potere sovietico.

Della musica di Galina Ustvolskaya si occupa uno studio di Cosimo Colazzo (docente di Composizione al Conservatorio di Trento e membro dell’équipe del CESEM, centro di ricerca dell’Universidade Nova di Lisbona) dal titolo “Censorship and Creativity: Ustvolskaya’s compositional language” (Censura e creatività: il linguaggio compositivo di Galiana Ustvolskaya), che viene presentato il prossimo venerdì 7 giugno all’Università di Copenaghen, dove, dal 6 all’8 giugno si tiene un importante convegno internazionale dal titolo “Researching Music Censorship conference”

Il Convegno è organizzato da una rete internazionale della ricerca, che si occupa dei temi dei rapporti tra musica e potere, tra musica e censura. Questa rete riunisce soprattutto università e ricercatori dell’area nord-europea, fondamentalmente da quattro paesi, e cioè Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia. Ma è allargata anche ad altri autori e ricercatori che da altri ambiti hanno sviluppato studi sui temi che costuiscono il focus del progetto.

In questo senso si colloca l’intervento di Colazzo, che tra i suoi interessi di studioso annovera anche quelli dei rapporti tra musica e società, tra musica e politica. Inoltre tra gli autori che tratta, dal punto di vista analitico-compositivo, e anche come interprete, c’è la Ustvolskaya, rispetto a cui risulta necessario approfondire le questioni dei rapporti tra arte e politica in epoca staliniana e più ampiamente sovietica.

Shostakovich costituisce l’esempio di un autore che ha subito il peso della censura (in due occasioni soprattutto, negli anni ’30 e negli anni ’40), venendo accusato, per la sua musica, di essersi allontanato dallo spirito nazionale e dalla cultura del popolo sovietico. Egli ha sviluppato, in queste occasioni, che erano mortalmente rischiose per lui (dietro l’angolo c’era il carcere, il gulag), la capacità di introiettare le accuse, di fare ammenda, sviluppando nel contempo un linguaggio che si innerva della capacità della stratificazione, dell’occultamento. In superficie certi aspetti prediletti dal potere, ma poi contesti che li rivelano nel loro carattere artefatto, e quindi l’attivazione dell’ironia e del sarcasmo.

Ustvolskaya, che è stata allieva ammirata di Shostakovich, si allontana presto dal maestro. Non condivide quest’atteggiamento, che gioca sul piano della duplicità, della doppiezza. La sua moralità è compatta e assoluta. L’arte è dedizione assoluta. L’individuo è solo. La solitudine sa presentare la possibilità di un linguaggio autentico, che l’artista deve ricercare per tutta la vita. Perciò ha ammesso poche opere nel suo catalogo. Le altre, anche quelle di occasione, scritte per sopravvivere (e non mancano di celebrative del potere sovietico), le ha distrutte.

Il suo linguaggio, in questa tensione utopica verso l’assoluto e la verità, si fa essenziale. E’ molto ridotto, poverissimo, scarno. C’è una forte censura rispetto a ogni espressività, a ogni mediazione, che possa allontanare dal centro utopico della verità ricercata. In questo senso – sostiene lo studio di Colazzo – si crea un transito paradossale tra la censura politica e sociale del contesto della vita ordinaria della Ustvolskaya (che è sempre rimasta nella sua Leningrado, e solo in tarda età ha viaggiato in qualche rara occasione all’estero, per seguire qualche concerto con sue musiche), e la sua creatività, che continuamente mette in discussione ogni acquisizione, per ridurla, relativizzarla. C’è una forte censura, da parte della compositrice, dell’io e della sua espressività. Perché l’obiettivo è sempre oltre. Evita, per questo, ogni ridondanza, ogni compiacimento. Ripete soprattutto. L’ossatura delle figure è scheletrica. Il suo linguaggio diventa quasi petroso, quasi afasico nella rinuncia a ogni espressività che veli il senso ultimo delle cose. La sua musica è continuamente interrogativa. Per questo attinge a cluster violentissimi e ribaditi senza sosta, sin quasi a generare un rifiuto del tempo, dell’ascolto. E’ un’esperienza limite, che tiene in un paradossale rapporto la radice russa del nichilismo e una vocazione spirituale verso l’Altro radicale, il Dio che ci è ignoto e che solo in queste forme, assolutamente non logiche, non mediate, può essere raggiunto.

A partire da questo collegamento:

Il programma generale del Convegno.

Gli abstract di tutti gli interventi, tra cui quello di Colazzo.

 

 

Cosimo Colazzo per Performa 2013 alla Universidade do Rio Grande do Sul, a Porto Alegre, in Brasile

Performa è uno degli eventi più attesi, a livello internazionale, nell’ambito della ricerca intorno alle culture dell’interpretazione musicale. Vi convengono artisti, studiosi di varie discipline per confrontarsi sulle questioni di maggior rilievo, rispetto all’interpretazione musicale, nella relazione con le letterature storiche, come rispetto a oggi, dove la musica appare in una condizione costantemente interrogativa, anche rispetto ai rapporti tra composizione, interpretazione, pubblico, nuovi media.

Performa intende presentare prospettive innovative nella ricerca che riguarda la performance musicale, incentivando il dialogo interdisciplinare.  L’evento si svolge a cadenza biennale, e quest’anno si tiene in Brasile, ospite della Universidade Federal do Rio Grande do Sul, a Porto Alegre,, dal 31 maggio al 2 giugno 2013. La edizione 2013 di Performa privilegia la tematica della ricerca artistica nella performance musicale.  Collaborano all’evento, oltre all’Università ospitante, la Associação Brasileira de Performance Musical (ABRAPEM), la Universidade de Aveiro, in Portogallo, e INET-MD (Instituto de Etnomusicologia – Centro de Estudos em Música e Dança).

Cosimo Colazzo, docente di composizione al Conservatorio di musica di Trento, nonché pianista, impegnato su repertori specifici del ‘900, è stato chiamato a partecipare a Performa 2013, con un recital e una conferenza dedicati alla musica di Federico Mompou, compositore catalano del ‘900, autore di un’opera non vasta, dove il pianoforte risulta privilegiato, che costituisce il distillato di una ricerca estremamente concentrata, rivolta ai valori del silenzio, della meditazione, dell’ascolto. Sono valori che Mompou esprime con un linguaggio molto sottile e sensibile, dove vale il senso del timbro, della risonanza, del suono ricercato. Non è tanto la macchina narrativa che interessa, la produzione dello sviluppo e della forma ampia e compiuta. L’inverso, invece, la presenza sonora risonante, il suono che si effonde nell’aperto, nell’aria, che ha una sua dinamica di definizione-individuazione e di estinzione, che va seguita in tutta questa vita mobile, diversa, flessibile e fluida. Il suono non è un’entità fissa e definita. E’ qualcosa che si compie, che si trova stando in una condizione di apertura e di ascolto. In questa condizione di flessibilità, che si nutre molto di passività, il suono non va elaborato, trattato dalla macchina narrativa. Va dato in una sua presenza abbandonata, in un tempo largo e dilatato. Non analizzato, non elaborato, ripetuto o trasposto

Lo studio di Colazzo precisa propriamente questo metodo della composizione in Mompou, che ritrova in costanti della costruzione, attraverso l’intera opera.

Su Mompou Colazzo ha svolto diversi studi, che approdano ora alla veste di pubblicazione, a livello internazionale. Tra le prossime pubblicazioni, un saggio in un volume della Cambridge Scholars Publishing, e un saggio per la rivista Lineas della Université de Pau in Francia.

Per Performa Colazzo interpreterà Musica callada, una vasta opera in quattro libri, scritta da Mompou nell’arco di circa dieci anni, tra il 1959 e il 1967. Un’opera che si ispira ai temi del  silenzio, come suggerisce lo stesso titolo, e di un rapporto diverso con il suono. Nel seminario che accompagna il concerto, Colazzo propone a confronto ciò che può precisarsi in un metodo della costruzione compositiva con questioni che riguardano l’interpretazione musicale. Nello studio di Colazzo, emergono, allora, da un lato, i rilievi su un linguaggio musicale e compositivo molto originale, che privilegia le dimensioni del silenzio, della risonanza, della sottrazione, della passività e dell’ascolto; mentre vengono ad evidenza, dall’altro, certe opzioni sull’interpretazione musicale e pianistica che sono esplicitate dallo stesso Mompou in suoi scritti. Né viene trascurato quanto si espone, in diretto rapporto, attraverso le interpretazioni pianistiche dello stesso Mompou, intorno a proprie opere.

Di seguito, l’abstract dell’intervento di Colazzo.

ABSTRACT

Cosimo COLAZZO

Transformar el tiempo musical. Interpretación y composición en Federico Mompou.

 Performa 2013 – Conference on Musical Performance Studies – Porto Alegre (Brasil), Universidade do Rio Grande do Sul – 30 de mayo – 1 de junio de 2013.

 Federico Mompou ha dejado algunos escritos, sus observaciones sobre la interpretación de su música, como también su directas interpretaciones pianísticas. En relación a las cuestiones de la  interpretación de una obra que se propone con caracteres de originalidad, como es la de Mompou, es de gran interés poner en relación las cuestiones y las soluciones propuestas por Mompou para la interpretación de su obra, y su método de composición, identificado a través de una  análisis de la obra, que pueda entender el significado de un camino que tiende a la simplificación y a la reducción del material, que valora la repetición y la traslación en vez de la elaboración evolutiva y del desarrollo , en contextos marcados por la agógica ralentizada, larga, tranquila, y una dinámica vuelta al piano,  fascinada por el sentido de la distancia y del alejamiento. ¿Cómo Mompou realiza el sentido de una música que se propone en un umbral, en un limen, y tiene en una liquida correlación  sonido y silencio, escritura y oralidad, composición y escucha? A nivel compositivo, proponiendo un método de la reducción, de la espera y de la pasividad. A nivel interpretativo, individuando una investigación que tiende a pensar y realizar la figura en su dinámica de trasformación, obtenida a través de la gestión del toque en muchas matices, y de la temporalidad, que se hace móvil junto con el definirse de la figura.

Este estudio, que se propone en la forma de una clase-concierto, entiende poner en evidencia el complejo de las cuestiones que emergen en la investigación compositiva y interpretativa  de la musica de Mompou, a través de sus obras pianísticas, la análisis compositiva de ellas,  y los legados que encontramos por sus interpretaciones y sus notas sobre la interpretación de su musica.

La análisis compositiva e la interpretación se centrará sobre todo en estas obras de Mompou: Cants Màgics (1917/19), Charmes (1920/21), Préludes (1927/60), Souvenirs de l’Exposition (1937), Musica Callada (1959/67), sin desatender aperturas  hacia otras importantes obras y lugares de ellas.

 

Una conferenza, di Cosimo Colazzo, sulla musica di Galina Ustvolskaya

14 Dicembre 2012

Cosimo Colazzo, nell’ambito del ciclo “Incontri di analisi e composizione”, organizzati dal Conservatorio di musica “F.A. Bonporti” di Trento, tiene una conferenza, alla sede di Riva del Garda del Conservatorio (Largo Marconi 5), venerdì 14 dicembre alle ore 16.00, dedicata all’opera di Galina Ustvolskaya, compositrice russa del ‘900, che è stata allieva di Dmitrij Šostakovič, e che, con un catalogo non ampio, realizza un percorso compositivo personalissimo.

Così Colazzo offre un quadro e un profilo, in sentesi, dell’esperienza artistico-creativa della Ustvolskaya.

“In Galina Ustvolskaya (1919-2006) si riscontra una ricerca compositiva molto originale che tende a una forte riduzione del materiale verso un ideale di drastica essenzialità. Gli scorrimenti di questo materiale si fanno in un campo aperto ma non in una dimensione di libera florescenza, di esuberanza generativa, bensì in disposizioni sorvegliate e marcatamente ripetitive.

Il discorso musicale non si organizza in ordini propositivi. C’è un ordinamento, ma è sempre precario, soggetto anche a intrusioni violente. E’ il senso stesso della composizione che viene in dubbio.

Le dinamiche sono dolci, sfiorate, in pianissimo, o molto spesso martellanti, in una dimensione interrogativa urlante, lancinante. Così anche l’uso di certe formule ricorrenti, i cluster sonori, durissime e violente macchie appese a profili.

La composizione timbrica si propone fuori da ogni ordine conosciuto e mette insieme strumenti lontani, nella loro nuda presenza non mediata.

Ciò che viene rifuggito è proprio il senso della mediazione. C’è bisogno di spogliare il linguaggio del suo carico storico ordinante e progettuale, per poter pervenire a una dimensione originaria, che è una dimensione spoglia, come delle prime prove, dei primi giorni. C’è la volontà di cantare la parte ignota o dimentica del linguaggio, quella che noi sentiamo ormai come altro da noi, un’alterità assoluta.

Qui c’è l’ansia spirituale del linguaggio della Ustvolskaya, la volontà, la necessità di incontrare  l’Altro assoluto, e il senso del silenzio, anche dell’impossibilità di un tale incontro.

Fare silenzio rispetto alla voce ordinaria è necessario. La sua musica attende a un ideale di assoluto pauperismo, di riduzione della figura, di riduzione assoluta e radicale del discorso. Ma rendersi vuoti sin quasi all’afasia, ridurre il senso della bellezza, stendere il senso di una materia grezza, di un’intelaiatura temporale che è precaria, fuori da qualsiasi prospettiva riconoscibile in cui l’ascolto possa disporsi con un’intenzione conciliata, non garantisce di addivenire al senso ultimo delle cose.

E’ un’ansia ascetica che si consuma come avendo smarrito il senso del percorso e del risultato. Un’ansia che si vive anche come angoscia e afasia.  Il centro che si vorrebbe raggiungere, revocando il linguaggio ordinante e la storia, a volte rimane esso stesso senza voce: un’ombra scura, una macchia irrelata, un vuoto.

Da qui la musica della Ustvolskaya, che è un’interrogazione assoluta, una martellante e petrosa interrogazione, il silenzio petroso, non risonante, non conciliante, non cullante della sua musica”.

Cosimo Colazzo

Qui la locandina relativa alla conferenza.

 

Cosimo Colazzo alla Université de Pau in Francia

24 Gennaio 2013a25 Gennaio 2013

Cosimo Colazzo interviene con una sua relazione, dedicata alla musica di Federico Mompou, in un convegno organizzato dalla Université de Pau et des Pays de l’Adour, nel Sud della Francia, tra Atlantico e Pirenei. Il Convegno è organizzato dal Centro di studi e ricerche “Arc Atlantique”, interno all’Università, che indaga tematiche di interesse letterario, filosofico, artistico, riguardanti le culture di area atlantica, e in particolare dell’area francese e ispano-lusitana, nelle aperture e proiezioni che riguardano le Americhe come i Paesi caraibici.

Il Convegno è dedicato al tema dell’esistenzialismo in Spagna, che si disegna in combinato, anche, con una cultura della dissidenza, dell’esilio, perché investe molti intellettuali, di varia formazione, espatriati. L’intellettualità dell’esilio nel periodo del franchismo raggiunge vari paesi in Europa e in America.

Il Convegno reca significativamente il titolo “EL EXISTENCIALISMO EN ESPAÑA Y EN LOS FILÓSOFOS DEL EXILIO”, a richiamare la condizione di un pensiero, come quello esistenzialista, che trova in Spagna un innesto, e diverse formulazioni e declinazioni, tra cui anche quella di una divergenza resistente, che si propone in contrasto con i codici convenzionali, con il conformismo e l’ubbidienza passiva pretesi dal regime.

L’esilio scelto o imposto riguarda anche molti musicisti. Si pensi, ad esempio, a Rodolfo Halffter, che ripara in Messico, o Nin-Culmell, negli Stati Uniti, o ancora Pablo Casals che sceglie infine Puerto Rico.

Ma c’è anche una dimensione non così visibile, di una opzione per l’esilio interiore, di cui troviamo espressione esemplare in un autore come Federico Mompou. Durante la guerra civile è in Francia. Con l’arrivo della seconda guerra mondiale ritorna nella sua Barcellona, e qui rimarrà in seguito, durante tutta la vita. Non assume posizione di contrasto rispetto al regime. Neanche ne è cantore, intellettuale e musicista ufficiale.

Le sue scelte di vita sono state come di un evitamento del conflitto, di una sospensione della realtà, dell’assunzione del quotidiano in una dimensione sospesa e atemporale, fatta di frammenti, e questi come silenti e irrelati.

Una dimensione della sospensione, del differimento della scelta, che si riverbera nelle dimensioni, probabilmente, del politico come dell’arte. E’ qui, nella sua musica, così personale, che troviamo il senso di un esistenzialismo, che può dirsi cifra del sonoro ricercato e dell’organizzazione compositiva.

C’è il senso che l’intervento compositivo non può corrispondere a piani preordinati, a una presa forte e ordinante del soggetto che sceglie e organizza. Ma deve corrispondere a un itinerario che è di segno inverso, nel senso dell’abbandono di ogni volontà ordinante e imperativa sul materiale, di ascolto del possibile. C’è un’idea che il senso è ai margini del soggetto, in un’alterità che va ascoltata, captata e quindi integrata nella musica, che assume quindi il senso non di un discorso forte, ma di una risonanza, di un’apertura, di una sfrangiatura, di una dispersione dei contorni netti. Questo è la musica di Mompou. Che in questo senso dialoga con il sacro.

Egli è un musicista che sente la religione, ma non in termini codificati, regolati, precettistici. La sua è una religiosità nel senso della sottrazione di una fiducia forte nel soggetto, nella storia. E’ una religiosità che nasce direttamente correlata alla perdita di senso del centro, e insieme con l’attenzione prestata alle pieghe, ai bordi. E’ qui, in questa dimensione della parola decentrata, del suono che si mescola al silenzio, che prende figura il rapporto con l’alterità, verso cui si vorrebbe muovere, da cui si ricevono i segnali che poi possono depositare nel flusso musicale.

Di questi temi parla Cosimo Colazzo nel suo studio, dal titolo Exilio del sujeto, sustracción  del acto compositivo, escrituras musicales y sonoras de la existencia y de lo sagrado en Federico Mompou. Lo studio che Colazzo espone al convegno è dedicato alla musica di Mompou e al suo particolare modo di sentire il suono e la composizione, come si rivela in un testo musicale che abbisogna di un’analisi così orientata, che sappia entrare dentro le pieghe del segno, oltre la definizione puntuale e notale del suono, nelle sue rifrazioni, nelle tensioni, nelle risonanze.

La relazione parlerà anche del dialogo di Mompou, in rapporto a queste scelte particolari di approccio compositivo, con la religione e il sacro, che assume, anche in questo caso, le declinazioni del discorso esistenzialista.

Di seguito riportiamo l’abstract dell’intervento di Colazzo al Convegno, che richiama questi contenuti, e che troverà argomenti nella relazione.

Cosimo Colazzo, Esilio del soggetto, sottrazione dell’atto compositivo, scritture musicali e sonore dell’esistenza e del sacro in Federico Mompou

Relazione a Convegno di studi interdisciplinari EL EXISTENCIALISMO EN ESPAÑA Y EN LOS FILÓSOFOS DEL EXILIO, Université de Pau et des Pays de l’Adour, Pau (Francia) 24.25 gennaio 2013.

ABSTRACT

Esiste una dimensione dell’esilio interiore, che non è stata molto indagata, e che riguarda chi è rimasto in patria. Non incluso nelle dinamiche del potere, non ha avuto la forza del gesto risolutivo, dell’allontanamento, della diaspora, del dissenso plateale. Una dimensione silenziosa, di sottrazione del sé dalla dimensione del conflitto, della dialettica, è quella che riguarda Federico Mompou (1893-1987), compositore catalano, autore di un catalogo molto concentrato e ridotto, che riguarda per lo più opere pianistiche.
Egli è coinvolto intimamente, per una opzione che investe anche la sua personalità, dentro il pensiero e un modo di sentire esistenzialista. Di un esistenzialismo che mette in crisi la logica dell’argomentazione e delle connessioni, delle grandi narrazioni, della grande forma, per approdare a una diversa visione del soggetto, che non prende posizione, che sta in una soglia, in un’attesa.
E’ qui che si apre una connessione, molto sentita, in Mompou, tra un’arte che deve indagare le pieghe della realtà del suono, e un sentimento esistenzialista della vita, sentita come un mistero, cui ci si può approcciare con un originale sentimento religioso.
Federico Mompou ha scritto, nell’arco di circa dieci anni, un’opera, articolata in quattro quaderni, “Música callada” (1959-1967), che costituisce un percorso di meditazione sonora e di individuazione di alcuni elementi nodali del sacro.
La sua musica miratamente si tiene su una soglia, quasi non ha accesso alla dimensione compositiva. E’ fatta di pochi, minimi elementi, che il compositore organizza con una mano sensibile ma non impositiva. Deve così cogliere l’esistenza, nella sua condizione di temporalità. Noi siamo fatti di tempo, attraversati dal tempo, perciò cangianti, non realtà dura, ma risonanza.
Così le configurazioni armoniche, più che espresse in oggetti precisi, si determinano come nelle risonanze, quindi si presentano dentro situazioni come senza margini, dentro campi di probabilità.
Le sonorità e il tempo sono allargati, distesi. Si è dentro una musica del silenzio, che richiede un ascolto diverso. E’ una musica in cui il soggetto tende a non rendersi presente, a non orientare il risultato. In questo senso chiama a un rapporto, che possa darsi nella dimensione della risonanza, del silenzio, dell’ascolto, dell’attesa.
Significativamente, con il titolo, Música callada, richiama San Juan de la Cruz, e i suoi versi che ci parlano di “música callada”, “soledad sonora”.
Ma il richiamo, più coevo, è anche alla poesia e alla filosofia di Maria Zambrano, alla sua idea di passività e di divergenza.
L’intervento richiamerà questi temi in prospettiva interdisciplinare e addentrandosi dentro l’analisi dei testi musicali, al fine di evidenziare come il piano delle tecniche, improntate nel segno prevalente della sottrazione, della sensibile riduzione dell’atto compositivo, significhi un rapporto con la dimensione religiosa, che Mompou ha sempre sentito molto.

Praole chiave: Esistenzialismo – Esilio – Risonanza – Silenzio – Attesa – Sacro. Existencialismo – Exilio – Resonancia – Silencio – Espera – Sacro

Cosimo Colazzo terrà la sua relazione in lingua spagnola. Di seguito diamo il testo dell’abstract in spagnolo.

Cosimo Colazzo, Exilio del sujeto, sustracción  del acto compositivo, escrituras musicales y sonoras de la existencia y de lo sagrado en Federico Mompou

Jornadas de investigación interdisciplinaria EL EXISTENCIALISMO EN ESPAÑA Y EN LOS FILÓSOFOS DEL EXILIO, Université de Pau et des Pays de l’Adour, Pau (France) 24 y 25 de enero de 2013.

RESUMEN

Abstract

Hay una dimensión del exilio interior, que no se ha explorado mucho, y que se refiere a los que se quedaron en patria. No incluidos en las dinámicas del poder, no tenían la fuerza para actuar resoluciones: la diáspora, la disidencia flagrante. Una dimensión silenciosa, de sustracción del yo de la dimensión del conflicto, de la dialéctica, concierne  Federico Mompou (1893-1987), compositor catalán, autor de un catálogo muy concentrado y reducido, que se refiere sobre todo a obras para piano.

Él está íntimamente involucrado, por una opción que también es de su personalidad, en el pensamiento y en una forma de sentimiento existencialista. De un existencialismo que pone en crisis la lógica de la argumentación y de las conexiones, de las grandes narraciones, de la gran forma, para llegar a una visión diferente del sujeto, que no tiene lugar, que está en un limen, en un umbral, en una espera.

Aquí se abre una conexión en Mompou, entre un arte que tiene que investigar los pliegues de la realidad del sonido y un sentimiento existencialista de la vida, sentida como un misterio, que podemos acercarnos con un original sentimiento religioso.

Federico Mompou escribió, en un período de diez años, una obra en cuatro libros, “Música callada” (1959-1967) para piano, que es un camino de meditación sonora y de detección de unos elementos nodales de lo sagrado y de la existencia.

Su música está  intencionadamente en un umbral, casi no tiene acceso a la dimensión compositiva: hecha de pocos elementos mínimos, que el compositor organiza con una mano sensible, no imperativa. Así debe tomar la existencia en su condición de temporalidad. Estamos hechos de tiempo, tocados, atravesados por el tiempo, por lo cual cambiantes: no realidad dura, sino resonancia.

Las configuraciones armónicas, más que expresadas en objetos específicos, se determinan como resonancias, están en situaciones como sin fronteras, dentro de campos de probabilidad. Las sonoridades y el tiempo se alargan, se relajan. Estamos dentro una música del silencio, que requiere una escucha diferente. Es una música en la que el sujeto tiende a no estar presente, a no dirigir el resultado. En este sentido, pide una razón que pueda darse en la dimensión de la resonancia, del silencio, de la escucha, de la espera.

Significativamente, con el título, Música callada, se refiere a San Juan de la Cruz, y a su versos che nos hablan de “música callada”, “soledad sonora”.

Pero la referencia, más contemporánea, es también a la poesía y a la filosofía de María Zambrano, a su idea de pasividad y de divergencia.

El estudio tratará estos temas en una perspectiva interdisciplinaria y a través de los textos musicales, con el fin de mostrar cómo el plano de una música que se propone con el signo de la sustracción, de la reducción significativa del acto compositivo, abre una fuerte relación con la experiencia existencialista, vivida en una clave religiosa.

Palabras Clave: Existencialismo – Exilio – Resonancia – Silencio – Espera – Sacro

Qui il programma dettagliato definitivo delle Giornate di studio.

Aggiornata la pagina su “Libri e saggi”, nel sito

E’ aggiornata la pagina dedicata alle pubblicazioni di Cosimo Colazzo, nella forma di libri, saggi in volumi collettanei, saggi in riviste, raggiungibile dal menù a sinistra del sito, sotto la voce “Libri e saggi”, nel sito www.cosimocolazzo.it, in particolare all’indirizzo https://www.cosimocolazzo.it/ricerca/libri. In molti casi è possibile scaricare le pubblicazioni, in formato PDF.