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Cosimo Colazzo tiene un concerto alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, con musiche proprie e di Mompou

20 Luglio 2012
19:30a21:30

Cosimo Colazzo, docente al Conservatorio di musica “Bonporti”, di cui è stato direttore dal 2005 al 2011, tiene una serie di concerti, lezioni e corsi negli Stati Uniti, nei mesi di luglio e di agosto. Venerdì 20 luglio alle ore 19.30, suona alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh (una delle università americane più prestigiose, sede di corsi avanzatissimi, con docenti di grande reputazione internazionale), per un concerto pianistico, con musiche di Federico Mompou e proprie.

Successivamente sarà al Middlebury College, in Vermont, sempre negli U.S.A., dove terrà un corso, come visiting professor e sarà anche artist in residence. In quest’ultima veste terrà vari concerti, pianistici e di musica da camera. Sempre anche con musiche proprie.

Colazzo è compositore, pianista, direttore d’orchestra. In quanto pianista è stato vincitore di diversi concorsi, e tiene concerti dedicati soprattutto ai repertori del ‘900 e a musiche nuove. Rispetto al ‘900, inoltre, propone certe linee particolari di ricerca: riconducibili a poetiche che sollevano le questioni del rapporto tra suono e silenzio, di una forma aperta e flessibile, come per le opere di Mompou, Feldman, Ustvolskaya; oppure il senso dell’innesto tra repertori popolari di area marginale, rurale-contadina, e innovazioni di linguaggio, in campo armonico e ritmico, come nel caso di un autore, che in particolare Colazzo tratta, e su cui sta contribuendo molto a un’attenzione di livello internazionale, e cioè il portoghese Fernando Lopes-Graça.

Per il concerto di Pittsburgh propone il fascinoso Musica callada, di Mompou, un’opera vasta, per quanto composta di pezzi per lo più brevi e quasi aforistici, articolata in quattro libri, e realizzata dall’autore nell’arco di oltre un decennio. Accanto a Mompou un’opera dello stesso Colazzo, Disteso a Oriente, del 1997.

Federico Mompou è un autore originale nel panorama creativo e musicale del ‘900. Sorprende quel suo linguaggio, semplificato e depurato, misurato sulle forme brevi, e volto come al silenzio, alla risonanza senza misura. Musica callada tenta, attraverso l’indagine sensibile sul suono, sul timbro, sull’ascolto e sul silenzio, di introdursi come in una piega della realtà, dove traluce un oltre, una dimensione ulteriore. Non a caso il titolo di “Musica callada” viene da un mistico, San Juan de la Cruz, che rappresenta una tale ricerca di contemplazione dell’oltre.

Accanto al vasto ciclo di Mompou, Colazzo presenta, nel concerto, una sua opera, Disteso a Oriente,  del 1997. Traluce, nel brano, un medesimo senso flessibile del tempo. Gli oggetti sonori ricercano una vita duttile e sensibile, nel rapporto, anche con ciò che abitualmente si penserebbe come diverso, alternativo. E’ un’opera  ampia, con un pianismo esteso, pieno di risorse, e anche  sempre con questo aspetto, del suono sospeso, sfumato, galleggiante. Scrive Colazzo, intorno al suo pezzo: “… il decorso del pezzo assume l’aspetto di un procedere per linee curve o ramificate, quasi si trattasse di un procedere lasso per obiettivi possibili, probabili, multiformi, non lineari, non univocamente segnati. C’è appunto questa vocazione al possibile, al momento, alla risonanza che avvolge, al tempo che si placa e si rende spazio di risonanza intorno”.

Qui il Comunicato stampa.

Qui il programma del concerto.

Info Concerto: Venerdì 20 luglio 2012 ore 19.30. Carnegie Mellon University Pittsburgh (U.S.A.). Pianista Cosimo Colazzo. Musiche di Federico Mompou e Cosimo Colazzo

Cosimo Colazzo faculty member e artist in residence al Middlebury College

26 Luglio 2012a17 Agosto 2012

Cosimo Colazzo terrà un corso per il Middlebury College, nel Vermont in Usa, dal 26 luglio al 17 agosto,  in collaborazione con Franco Sciannameo, docente della Carnegie Mellon University di Pittsburgh. Dedicano il loro corso ai temi della musica popolare di area mediterranea, e soprattutto alla etnocultura del Salento, fortemente improntata da un istituto particolare, specifico di essa, che è il tarantismo.

Cosimo Colazzo così presenta il lavoro che sarà svolto nell’ambito del corso.

“Nel tarantismo ha avuto un ruolo importante la musica. Il tarantismo è un istituto culturale che tende a gestire una situazione di crisi del soggetto, che si esprime nella forma della dispersione del sè,  rispetto a cui si attiva un processo di cura attraverso la musica e la danza. La crisi trova nella musica un elemento di liberazione in flusso e di scatenamento, ma anche di messa in ritmo, di definizione in rituali convenuti, in figure riconosciute, e infine di risoluzione. Ha a che fare con l’etnocultura del Salento, con il mondo rurale e contadino, che ancora resisteva, e tuttavia andava fortemente trasformandosi, alla fine degli anni ’50, quando il fenomento è stato studiato da Ernesto De Martino.

“Osservato in quanto fenomeno antropologico, nella sua lunga corrente storica, mostra origini che sono nella cultura greca dei riti dionisiaci, così diffusi e radicati nell’area della Magna Grecia. E’ un fenomeno che incontra un’evoluzione storica, in cui si realizza un incrocio articolato e denso di tensioni, tra la antica cultura greca e la successiva cristiana. Ciò si avverte dall’epoca medioevale, e poi lungo molti secoli. Importante quanto si determina in rapporto alla cultura illuministica, che inaugura un’idea del tarantismo come malattia, rendendo marginali gli aspetti di costruzione culturale. Senonché questi aspetti, che hanno a che fare con la costruzione del rito, sono importanti, il cuore di senso del fenomeno. Si tratta di un istituto culturale, che ha posseduto sue strutture, suoi motivi costruttivi, sue proprie declinazioni. In esso musica e danza sono elementi portanti. Tuttavia, lo scontro determinato dalla religione, che voleva ridurre il portato eversivo del fenomeno, e dalla cultura scientista, che ne elideva tutto ciò che non poteva rientrare nel criterio della malattia da trattare, hanno determinato la fine progressiva del fenomeno, ridotto a mero ultimo rottame quando De Martino lo ha potuto osservare, con il suo gruppo di studiosi e ricercatori. Alla fine degli anni ’50 il fenomeno è estenuato, mostra gli ultimi spasmi. Il mondo contadino, che è il suo proprio ambiente, sta trasformandosi con l’avanzare della modernità e dell’urbanismo.

“Oggi c’è una ripresa del senso identitario salentito in relazione, molto, a quest’istituto culturale. Disperso totalmente nella realtà rituale originaria, il fenomeno rivive nella musica, che viene ripresa, sottoposta a molte continuazioni, e inviata a significati di festa collettiva. In questo senso, le estati salentine che si animano di musica, balli, con migliaia di persone che convergono a seguire i concerti, e innanzitutto il concertone della Notte della Taranta, che si svolge ogni anno a Melpignano., sono uno strano e bizzarro rimbalzo di un fenomeno storicamente, per molti versi, conclusosi.

“Rispetto al tarantismo, alla musica popolare salentina, alla pizzica-tarantata salentina, converge oggi un’idea di rinascita culturale e economica, che riguarda il Salento, in quanto terra di grandi bellezze naturali e dotata di una storia millenaria. Questa storia si dà spesso nella versione di nodo critico, che si genera all’incrocio tra mondi diversi e in conflitto. Questa cultura, pregna del senso della soglia e del margine critico, ha raggiunto, per vie complesse, i nostri giorni. Qualcosa si traduce dell’antico mondo. Qualcosa si eredita dei suoi istituti culturali, delle sue musiche.

“Il Salento vicino, di oggi, reclamizzato dalla pubblicità, possiede qualcosa di magico e esotico, che richiama il turismo. E’ luogo dell’estate, della festa, della musica e del ballo. Il Salento è luogo magico di creatività, una sorta di Giamaica dentro l’Europa. E’ porta verso l’Oriente. La musica del tarantismo, rivissuta, rimixata, messa in rapporto con altre musiche del mondo, o rappata, come fanno i Sud Sound System, libera l’ascolto verso altre dimensioni. I nuovi tarantati sono giovani che amano concedersi totalmente alla musica e allo sballo determinato dai suoni e dal ritmo.

“Questi sono i dati di un neotarantismo, che sorge per vie abbastanza paradossali, e su cui è andato innestandosi un progetto di marketing culturale e del territorio, che mostra di funzionare. Il Salento oggi è di moda.

“Il tarantismo continua ad essere, in questo senso, un fenomeno da studiare, in tutti i nuovi aspetti in cui è andato esprimendosi, in un tramonto che ha preso il colore di questa strana rinascita”.

In quanto artist in residence, Cosimo Colazzo tiene due concerti al Middlebury College. Uno, per pianoforte solo, con musiche di Mompou e dello stesso Colazzo (Disteso a Oriente). L’altro, in duo, violino e pianoforte, con Franco Sciannameo al violino, per un programma che propone musiche di Rota, Turina e Colazzo (La lenta discesa II),  oltre a Bach e Paganini per violino solo.

Concerto a Pittsburgh, di Cosimo Colazzo, con musiche di Mompou e proprie

20 Luglio 2012
19:30a21:30

All’Auditorium della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, negli Stati Uniti, Cosimo Colazzo tiene un concerto pianistico, con musiche di Mompou e proprie, venerdì 20 luglio alle ore 19.30.

In particolare, di Mompou esegue l’intero ciclo, in quattro quaderni, di Musica Callada. Mentre, dal proprio catalogo, Colazzo interpreta Disteso a Oriente. Un programma di specifico interesse, rispetto ai temi dell’ascolto, del silenzio, della forma che tende ad aprirsi verso deviazioni, o punti altri e lontani di suggestione e interesse. Se Mompou predilige la forma breve, l’opera di Colazzo è invece larga, ampia, estesa, spinta anche verso un pianismo, in alcuni momenti, molto esposto, articolato, di rilievo virtuosistico. Ma comune è il senso di un tempo che deve seguire altre vie, oltre quelle continuo-lineari: più curvate, disponibili a creare anse, pieghe, e dentro di queste, quelle fessure che guardano come a un oltre. Che Mompou ha sentito anche religiosamente, con un certo senso quasi-mistico. “Musica callada” è espressione che riprende da San Juan de la Cruz. Per Colazzo è come lo stare sospesi, aperti a un possibile, che si dà sempre come interrogazione, vibratile e non concettuale, ma anche non risolta, se non in uno stato di attesa, anche di contemplazione, ma di qualcosa che si dà in quanto sfuggente, sottrazione fors’anche vuoto.

Di seguito le note al programma di sala:

Federico Mompou è un autore originale nel panorama creativo e musicale del ‘900. Sorprende quel suo linguaggio, semplificato e depurato, misurato sulle forme brevi, e volto come al silenzio, alla risonanza senza misura.

Soprattutto dedicata al pianoforte, la sua produzione s’è presto organizzata come in cicli: pezzi brevi, ma un racconto più ampio, un percorso, un arco di esperienza.

Tra questi Musica callada costituisce un disegno ampio, che copre più di un decennio. Articolata in quattro quaderni, quest’opera si presenta quasi come un diario intimo, di ciò che l’autore ricerca, rispetto al suono, alle armonie che presto si sollevano a timbro. Dialoghi con l’intorno culturale, anche alcune ramificazioni di evoluzioni, prove, esperimenti. Ma soprattutto dialoghi con se stesso. E una ricerca che travalica la musica, che tenta attraverso l’indagine sensibile sul suono, attraverso l’ascolto e il silenzio, di introdursi come in una piega della realtà, dove traluce un oltre, una dimensione ulteriore, dove l’anima si comprende anche religiosamente. Non a caso il titolo di “Musica callada” viene da un mistico, San Juan de la Cruz, che rappresenta una tale ricerca di contemplazione dell’oltre.

Mompou è autore tutto interiore, come fuori dalla linearità di sviluppo e progresso, che tanto ha inciso sulle ricerche musicali del ‘900. E’ in dialogo con un sé profondo, sottratto al tempo, nucleo fissato in un’esperienza originaria, che si dice attraverso il suono e la risonanza. Perciò bisogna fare vuoto intorno, rallentare il tempo sin quasi a sospenderlo, prolungare l’attimo nella forma di una risonanza, come l’ombra di un’azione. In questa forma il soggetto rende lassi i propri confini e si apre a una dimensione ampia e flessibile, vagante, uno spazio di risonanza e silente, che è un di là, rispetto a cui possiamo approcciarci non con la logica, non con l’intensificazione della presa ragionante sulle cose, ma con l’abbandono di ogni volontà di potenza e controllo, disarmando il segno attivo, muovendo sensibili nell’attesa.

Accanto al vasto ciclo di Mompou, presento, nel concerto, una mia opera, Disteso a Oriente,  del 1997. Traluce, forse, nel brano un tale senso flessibile del tempo. Gli oggetti sonori ricercano una vita duttile e sensibile, nel rapporto, anche con ciò che abitualmente si penserebbe come diverso, alternativo. E’ un’opera  ampia, con un pianismo esteso, pieno di risorse, e anche  sempre con questo aspetto, del suono sospeso, sfumato, galleggiante.

Disteso a Oriente contempla uno schema sonoro metamorfico, secondo strofici respiri, che sanciscono alcune trasformazioni, a volte molto sottili nell’articolazione intervallare e nelle costituzioni dei campi sonori di base. Queste trasformazioni, che sono come dei cedimenti nell’impianto fondamentale, anche impercettibili scosse di assestamento, ribaltate  nella concreta azione sonora, risultano amplificate, inducendo nuovi contesti e aprendo prospettive inaspettate.  S’ha come l’effetto di un’irradiazione stilistico-sonora a partire da un centro fisso: ogni arco strofico introduce a nuovi spazi, sfonda l’ultimo limite dato; e il decorso del pezzo assume l’aspetto di un procedere per linee curve o ramificate, quasi si trattasse di un procedere lasso per obiettivi possibili, probabili, multiformi, non lineari, non univocamente segnati. C’è appunto questa vocazione al possibile, al momento, alla risonanza che avvolge, al tempo che si placa e si rende spazio di risonanza intorno.

Siamo traversati dal tempo, che non prendiamo, che ci prende, che tentiamo di tenere organizzato, che ci sfugge dalle mani, inappreso e incompreso. Dialogare con il tempo non può darsi nell’atto che comprime e rimuove, ma nell’atto che presta spazi all’ombra. Strategie di elusione del sé, ma non la dispersione del sé. Così emerge la scelta, sperando che ci visiti, che da noi parta, come un profumo.

[Cosimo Colazzo]

Programma di sala (formato PDF)

Cosimo Colazzo docente al Middlebury College – U.S.A.

26 Luglio 2012a17 Agosto 2012

Cosimo Colazzo è stato chiamato come Faculty Member al Middlebury College, negli U.S.A. in Vermont. Terrà lezioni, in collaborazione con Franco Sciannameo, docente alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, dal 26 luglio al 17 agosto 2012, sulla cultura e la musica italiana, con particolare riferimento ai repertori popolari e al fenomeno del tarantismo che storicamente distingue l’etnocultura del Salento,  nell’ambito dei corsi organizzati dalla Italian School, presso la prestigiosa istituzione accademica statunitense. Inoltre, presso la stessa Università sara artista in residence e terrà alcuni concerti, anche con musiche proprie.